G M A
CRITICA
PIER PAOLO PASOLINI
FRATELLO SELVAGGIO
ANNA MARIA ORTESE
PIERCING THE PAGE
IMPROMPTU
ALTRI CORPI
DICONO DI ME
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Con Kamikaze e altre persone, Gian Maria Annovi si conferma uno degli autori più interessanti e originali degli ultimi anni. [...] In questo libro il «corpo-kamikaze»viene immediatamen-
te non evocato ma chiamato nella bellissima poesia iniziale: «brilla corpo-kamikaze / stella avariata /spun- ta le dita dei passanti». Annovi descrive la meccanica del corpo che si inclina e a quel corpo parla, dice tu: «che piombi acceso sul selciato». Parla alla sua dissipazione-disperazione e lascia che le parole dondolino sul vuoto. È un tu rivolto a una persona, assente, ma reale, con un tempo scandito da un timer, con un passato che preme su un presente di cellule, vertebre, sangue, respiro. Proprio per questo, nel momento stesso in cui si pronuncia, il tu vira verso altre perso- ne, diventa noi, mostrando attraverso il linguaggio l’indisso-lubilità, il nodo tra chi uccide-muore-fa morire.
ANTONELLA ANEDDA,
dall'introduzione a Kamikaze
In questo panorama affollato, Annovi (1978) non è un nome qualunque ed è – osiamo – senza dubbi la promessa più coerente ed originale per la prima metà di questo nuovo secolo. Ha costruito la propria autorialità solidamente e sapientemente, scandendo raccolte coe- se, ostinatamente strutturate, accomu- nate, pur nella diversificata identità dei contenuti, da un’attenzione al reale, in particolare all’attualità, preci- sa e criticamente oggettiva. L’osserva- zione si modula spesso in immedesi-mazione, con tecniche di dimissione del soggetto lirico che trattengono il pathos in una scrittura algida, apparentemente neutra, che anestetizza i sentimenti in un dettato minimale e frastagliato di chiaroscuri.
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SILVIA DE MARCH
Poesia 2.0, 21 gennaio 2014
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Anche in Kamikaze (e altre persone) il linguaggio è ellittico, frantumato,cono-
sce ogni volta, a ogni verso, i limiti fisici, corporei, di un margine, di un confine, e si espone al silenzio (al momento, direbbe Lyotard, in cui “on ne trouve pas ses mots”) già sperimen- tato dal giovanissimo Annovi, allora appena ventenne, in Denkmal, il suo libro d’esordio del 1998, e poi in tutte le sue successive prove di scrittura. E però qualcosa non torna, non si tratta più, qui, di dare voce al Dissidio della condizione postmoderna, e la lingua non è più strumento di alcunché, né tenta la “comunicazione”: è realtà,veri- tà fisica, materica, piuttosto, che non vuole comunicare, veicolare messaggi, ma esplodere, “decorparsi”, in modi performativi vicini alle espressioni dei giovani artisti, statunitensi ma non solo, frequentati dal poeta.
NIVA LORENZINI,
il manifesto, 29 ottobre 2010
L’inconscio unisce realtà storica e individuale creando un vuoto pieno di senso. Il caso è solo una figura in più, piegato alla lucidità concettuale di questo libro dove l’indagine sulle iden-tità pronominali, generazionali, civili, resta imperniata sulla figura della lingua. Mangiarla è un atto cannibale per continuare a parlarla, mangiare la lingua dell’altro e’ aspirare agli stessi diritti, sedersi a un banchetto comune. Gli immigrati (i nuovi Calibani) che sbarcano sulle coste italiene prendono atto del fatto che “la lingua che ti riceve sull’isola / tra lampare e turisti e sirene / non ha la grazia nè la gloria / di una madre.” Visto dal ridotto di chi scrive in Italics la visione è di una nettezza etica che appaglia. Lo scambio di ruoli passa per la conoscenza di uno strappo; integrazione vuol dire entrare tutti nella stessa prigione di una lingua minore. Benvenuti nell’italiano.
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FABIO ZINELLI
Alias, 15 settembre 2013
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La voce della Scolta rappresenta l’invenzione più mirabile, nonché retoricamente rischiosa (nella nota apparsa sul «verri» Annovi evocava lo spettro della parodia insultante che infastidisce nel «doppiaggio dei personaggi afroamericani nei film degli anni ’40», l’effetto Miss Rossella insom- ma), ad annunciare sin da subito la memorabilità di questo piccolo libro geniale. [...] la lingua della Scolta di Annovi rappresenta la primissima presa di parola, quanto meno nel nostro repertorio poetico, di quelle minoranze linguistiche che stanno cominciando a imprimere anche alla nostra lingua quella torsione, quella minorazione creativa che Gilles Deleuze – a partire dal celebre saggio su Kafka – chiamava liminare o, appun- to, minore: «non si tratta di parlare una lingua come se si fosse uno straniero, ma di essere uno straniero nella propria lingua, nel senso in cui l’americano appunto è la lingua dei Neri».
ANDREA CORTELLESSA, doppiozero, 20 marzo 2014
Gian Maria Annovi, nel poemetto La scolta, presenta un memorabile dialogo fra una badante ucraina, forse romena, e la padrona. Ciò lo porta a disar-ticolare l’italiano, in un duello impossibile e tutto mentale tra due esseri umani distanti, sebbene irrime-diabilmente uniti in un destino di cancellazione. Seguiamo l’esor-dio della Signora: “Me la mettono in casa per forza / ad aspettare che muoia / una non italiana / una troia // io che insegnavo il latino / che traducevo il greco // e ora una cosa che sbatte le ciglia / che appena mugugna // un sacco di ossa e respiro / e lenzuola”. Ed ecco la risposta: “Mattina lava Signora con carozina. / lava tutta. con sapognetta con spunia. / lava capelli anche. [...] La padrona, scontrosa, continua a diffidare dell’estranea, ma è a quest’ ultima che spetta la parola finale [...]. La forza di questi versi sta nella loro disarmante verità, nell’illustrazione di due vite perse dietro gli oggetti più domestici (una “sapognetta”, la “spunia”), eppure do-minate dalla tremenda attesa della morte. Siamo insomma nel vivo cuore della letteratura, dinnanzi alla sua potente, sorprendente capacità di illu-minare il reale.
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VALERIO MAGRELLI
Reportage, n. 8, 2013
BIO
Vive a Los Angeles, dove insegna let-teratura italiana e letteratura comparata presso la University of Southern California. Laureato in filosofia, ha conseguito un dottorato di ricerca in italianistica presso l’Università di Bologna e un Ph.D. in Italian Studies alla Columbia University. Ha esordito con Denkmal (l’Obliquo 1998), seguito da Terza persona cortese (d’if 2007), Self-eaters (Emilio Mazzoli 2007, finalista al Premio Antonio Delfi-ni), Kamikaze e altre persone (con pre-fazione di Antonella Anedda, Transeuropa 2010, finalista al Premio Lorenzo Montano), Italics (Aragno 2013), La scolta (nottetempo 2013) e, di recente,
Persona presente con passato imperfetto (Lietocolle, 2019). Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, tedesco e spagnolo e incluse, tra le altre, nelle antologie L’opera comune (Atelier 2001), Parco Poesia (Guaraldi 2003), Nodo sottile 4 (Crocetti 2004), Po-esie dell’inizio del mondo (Derive Approdi 2007), Poeti italiani in America (In forma di parole 2011), Poeti degli anni Zero (Ponte Sisto 2012). Nel 2006 ha vinto il Premio Mazzacurati-Russo per l’opera inedita e nel 2013 il Premio Marazza per la poesia giovane.
CONTATTI
Gian Maria Annovi, USC - Department of French and Italian
THH 155, 3501 Trousdale Parkway, Los Angeles, CA 90089 USA
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